mercoledì 5 dicembre 2012

Irrompe la realtà: tempo di profonde ‘reviewed’

Siamo nel pieno della reviewed (‘revisione’): aumento della tassazione, pensioni dilazionate, disoccupazione, riduzione dei consumi. E siamo all’inizio.
A cascata, tutti gli ambiti della vita, da quella sociale a quella individuale, sono coinvolti da iniziative di ‘revisione’, tutte finalizzate a controllare e ridurre la spesa.
Abbiamo vissuto sopra le nostre possibilità, sperperando per decenni, ignorando e negando la realtà nonostante i frequenti segnali di insostenibilità. Ora, infranta l'illusione, la realtà ha preso il sopravvento: il ‘pompiere/commissario’ Monti attua il riposizionamento delle politiche e delle regole, fino ad intaccare gli stili di vita, sia di coloro che svolgono funzioni istituzionali, pubbliche e private, sia di coloro che vivono e agiscono nella normalità della quotidianità.
Sotto i colpi della ‘necessità’ - non per lungimiranza - è stata aperta una nuova frontiera, avviata da una 'operazione verità' e dalla necessaria 'pulizia'. Le parole d'ordine sono ‘efficientamento’, ‘ottimizzazione’ e ‘razionalizzazione’.

mercoledì 21 novembre 2012

La provocazione della diversità, tra accoglimento e negazione

Non ho nulla contro l’omosessualità’. Non trovo alcuna motivazione per connotare tale orientamento sessuale come sbagliato, neppure per assegnargli un’aurea di ‘specialità’, soprattutto qualora consegua la ribalta pubblica.
'Non ho nulla contro l’handicap’. Non è né facile né indifferente il contatto con la disabilità, ma essendo convinto che non ci sia alcuna responsabilità nell’essere in tale condizione, non riesco ad imputare alle persone coinvolte alcuna colpa.
Non ho nulla contro la diversità di genere’. Assisto, un po’ inerme, forse per comodità, all’ingiustizia culturale che scarica sul ‘femminile’ incombenze scomode e pesanti; vivo altresì con mortificazione il perpetuarsi del maschilismo che tratta il ‘femminile’ con banalità e superficialità.

giovedì 8 novembre 2012

La mistificazione della 'cattolica prudenza'

Mi infastidisce il significato associato al concetto di 'prudenza': demonizzazione dell’istinto, abiura dell'emozione, allontanamento da ogni posizione o appartenenza diversa dalla propria.
Eppure il concetto in sé – di forte connotazione cattolica – appare inattaccabile: "è la virtù (afferma il Catechismo dellaChiesa Cattolica, n° 1806) che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo".
Considero presuntuoso parlare di ‘vero bene’. E per esplicitare ciò mi avvalgo delle parole di Pier Cesare Bori, deceduto in questi giorni: l'amicizia con le persone e la ricerca del loro bene è più importante della verità teorica. Non esiste il ‘vero bene’, bensì va ricercato il bene delle persone, che può essere diverso da persona a persona, da situazione a situazione.

lunedì 15 ottobre 2012

Contro ogni possesso, anche dei figli da parte dei genitori

Luca scrive su Fecebook:
Ma sono l'unico nauseato dall'ipocrisia e dalla morbosità sul bambino di Padova? Sono l'unico a pensare che davanti aparenti che non ottemperano alle disposizioni di un Tribunale di un Paese democratico si debba intervenire?
Registro la condanna da parte del ‘sentire pubblico’ del comportamento della Polizia, oggettivamente maldestro e inopportuno; comportamento, peraltro, portato alla ribalta da immagini ‘rubate’, completamente decontestualizzate. Mi colpisce soprattutto la posizione assunta dalle ‘istituzioni’, appiattita nell'assecondare tale sentire.
Bisognerebbe conoscere la storia, e solo dopo averla compresa provare a trarre le conclusioni. Invece no! Tutti, o quasi, a deplorare il comportamento della Polizia. Tutti all’unisono legittimati nello stigmatizzare una azione, senza traccia di 'riserve' e senza opportuni approfondimenti. Perché?

martedì 9 ottobre 2012

Tra il sogno berlusconiano e la tentazione di far ‘piazza pulita’

In questi anni, complice la crisi economica, stiamo raccogliendo i frutti del malgoverno dei decenni scorsi: diffondersi di corruzione e nepotismo, forzatura e delegittimazione dell’ordinamento istituzionale, occupazione delle posizioni di rappresentanza. Questa condizione ha contagiato tutto il tessuto sociale, da quello economico a quello istituzionale; è penetrata nella cultura fino ad incidere sui comportamenti delle persone. Nulla e nessuno è rimasto immune. Tutti sono diventati un po’ più ‘brutti’.
Immobilismo’ e ‘commissariamento’, questa è la situazione odierna: rappresentati da nominati inermi, governati da non eletti legittimati dalla troika.
Sono maturi i tempi per riconoscere il fallimento di una stagione storica e politica, sia di chi l’ha interpretata in prima persona, sia di chi non ha avuto la forza di far emergere una alternativa; insomma, di tutti noi.

domenica 23 settembre 2012

La mediocrità al potere


Lo scandalo della Regione Lazio riaccende i riflettori sugli uomini al potere.
I giudizi su Fiorito e Battistoni fioccano scontati: Gian Antonio Stella parla di persone ‘impresentabili’, Gad Lerner li appella come ‘famelici’, Bagnasco li considera ‘vergognosi’. Considerazioni superficiali.
Benché sia chiaro che costoro hanno utilizzano una posizione di potere per perseguire interessi privati, siamo sicuri che siano persone deprecabili? Siamo sicuri che siano peggio di noi, dove per noi intendo la maggioranza delle persone? Sono convinto di no!
Anche io promuovo il mio tornaconto: alimento la rete relazionale attuando una selezione; sostengo la mia immagine utilizzando ciò che ho a disposizione; per quanto possibile, provo ad incrementare il mio reddito.


mercoledì 12 settembre 2012

Scomoda e affascinante consapevolezza

So che dovrò affrontare molte difficoltà. Alla malattia, mia e delle persone a me care, potranno alternarsi, colpevolmente o, per lo più, accidentalmente, eventi dirompenti. A scadenza dovrò affrontare la morte di chi mi sta vicino, finché scatterà il mio turno.
Mi rendo conto che tali concetti sono vissuti da molti come scandalosi. Non a caso gli eventi a cui mi riferisco sono comunemente denominati avversità o sventure, insomma situazioni che fuoriescono dalla normalità, quindi sbagliati, sicuramente né connaturati e né costitutivi della vita. Lo scandalo è dovuto alla rottura delle profonde difese messe in atto dalle persone. Non mi turba il vissuto di scandalo, piuttosto mi intristisce la tendenza a scaricare la propria incapacità su chi osa rompere certi meccanismi.

giovedì 23 agosto 2012

Anima delicatissima

Con questo epiteto osava chiamarmi Sisto: vecchio, scorbutico sacerdote del mio paese natale. Al di là della corrispondenza con la realtà, mi è sempre piaciuta questa denominazione: riusciva a catturare il dolore e la gioia della fragilità umana.
La fragilità mi accompagna: la vedo, l’osservo, l’ascolto, anche la respiro. La fragilità non è eccezione ma elemento costitutivo dell’essere umano: sempre presente, benché sopita e repressa. ‘Tutto’ è strutturalmente fragile, ma rara è la consapevolezza.
Sento il valore – usando le parole di Vittorino Andreoli – di ‘svelare la fragilità, di mostrarla […] come fosse la principale identificazione di uomo in questo mondo’. Ho la convinzione che nel suo riconoscimento, nel tentativo di guardarla in faccia si sveli ‘il dolore di sopravvivere contestualmente alla gioia di vivere’, ciò che Jean-Louis Trintignant rappresenta nel film “Amour” di Michael Haneke nell’interpretare il ruolo del vecchio marito che accompagna l'amata moglie malata verso la fine della vita.

mercoledì 8 agosto 2012

In attesa di tempi migliori

Non è un bel stare al mondo ‘questo’.
Costretti a confrontarsi con l’inefficacia del consolidato: disorientamento; costretti a navigare a vista, senza prospettive: incertezza; costretti ad assistere all’esaurimento di un’epoca: dissolvimento.
Dimítris Dimitriádis direbbe che ‘viviamo nella luce di una stella morta’. Viviamo, cioè, sul trascinamento di qualcosa che non c’è più. Muore il mondo che ci ha accolto e cresciuto, e un po’ noi con lui; perché, ci piaccia o meno, ‘siamo fatti della stessa pasta’.
Possiamo fare ben poco: impotenti di fronte agli eventi, incapaci di ovviare alla deriva, insomma comparse di una sceneggiatura già scritta.
Ma se non possiamo incidere sull’‘as is’, la responsabilità di ‘come’ vivere tale situazione ricade su ognuno di noi.

domenica 15 luglio 2012

Tra onnipotenza e saturazione

Luoghi pubblici. Nelle stazioni ferroviarie, nei centri commerciali, talvolta anche nelle piazze e nelle vie vengono riprodotte scritte, suoni e video.
Luoghi quotidiani. Negli uffici, nelle stanze di casa, nelle automobili risuonano dati e informazioni.
'Non luoghi'. Lungo gli spostamenti, durante i viaggi, nelle pause e nelle attese dilaga l’utilizzo di piccoli e potenti strumenti di ricezione e trasmissione.
Ci ritroviamo invasi ma anche invadenti, con la 'facile' possibilità di essere raggiunti e di raggiungere. In ogni luogo, in ogni momento. Sempre.
Siamo di fronte ad una nuova condizione di vita. Condizione oggettivamente abilitante: è possibile contattare ed essere contattati, seguire a distanza, impartire indicazioni e direttive, costantemente. Si amplifica efficienza ed efficacia.
Ma contestualmente tale condizione riempie e satura. Il rischio di trovarsi inondati, assorbiti, prosciugati è elevato, fino alla esautorazione di se stessi.
Ecco la duplice sensazione di onnipotenza e di esaurimento. Il riempimento e la saturazione rappresentano potenti ‘stupefacenti’: eccitano, inebriano, anestetizzano; contestualmente travolgono e deprimono in quanto conducono al confine, portano a toccare il limite, a confrontarsi con ciò che non è possibile. Errore, vincolo, mancanza, inadempienza ... divengono parole comuni e usuali. Non più eccezione.
Tale condizione sollecita l'individuo, in particolare l’idea di adeguatezza e inadeguatezza, di giusto e sbagliato.
Eccoci dentro un nuovo paradigma. Auguri a tutti.

Foto: Saturation Urbaine

mercoledì 13 giugno 2012

La fine e il fine della vita

Recentemente ho percorso i viali del cimitero del mio paese natale. Quel paese che mi ha visto crescere fino ai 25 anni e, di seguito, uscire dai suoi confini. Ho scelto di vivere altrove il tempo rimanente.
Nell'attraversare il 'campo santo' la mia mente è stata taggata da incisioni e foto. In pochi istanti ha ripreso vita prepotente una memoria sopita: persone e incontri, eventi e situazioni. Storie passate, ma costitutive di quel che sono.
Ebbe sì, ho già messo da parte qualche decennio ed anch'io sono destinato ad essere riposto in un 'simil luogo'. È probabile che possa arrivare ai 60^, un po' meno ai 70^, chissà agli 80^, difficilmente ai 90^. Avendo superato i 40^ posso già considerarmi un 'sopravvissuto'.
Lungo il mio percorso ho assistito al 'fine vita' di molti e al 'venir al mondo' di altrettanti, ma, soprattutto, alcuni compagni di viaggio non ce l'hanno fatta, travolti da se stessi oppure dal contesto, anche semplicemente incappati in particolari circostanze. Per ora sono passato indenne alla selezione.
Ma vivere per vivere, cioè puntare a raggiungere un’età considerevole, può essere riduttivo. Il quanto è importante se e solo se accompagnato da un contenuto. E non è scontato.
Da giovane avevo paura di non raggiungere l'età adulta, cioè di non poter vivere le esperienze costitutive della vita umana: raggiungere l'autonomia, costruire una famiglia, generare figli, sperimentare la vita sociale, ....
Ora l'auspicio è poter assistere al 'compimento delle cose', poter arrivare a dire: 'tutto è compiuto'. Ho ben chiare le parole del nonno paterno che nella loro semplicità hanno colto l'essenziale: 'posso morire contento: i miei figli stanno bene e, a loro volta, sono stati in grado di costruire una famiglia'.
E la vita continua, di generazione in generazione. Così sia.

Foto: cimitero

sabato 26 maggio 2012

Vite esposte ed esibite

Le vite degli altri’ è un pregevole film di qualche anno fa. Nella Germania dell’Est degli anni Ottanta, Gerd Wiesler, capitano della Stasi, viene incaricato di spiare e tenere sotto controllo Georg Dreyman, famoso scrittore teatrale e intellettuale. Entra, si intromette abusivamente nella sua vita, anche quella più privata.
Oggi è diventato facile ed usuale trovarsi nella condizione del capitano della Stasi: entrare in contatto con il ‘privato’ delle persone. Quello delle persone più disparate. Pezzi significativi di vita sono venuti a portata di mano, tali per cui si può sapere come una persona è (anche fisicamente), dove è, chi incontra, cosa fa, cosa prova e pensa: talmente tanti elementi da poter ricostruire e immaginare stati d’animo, emozioni, insomma prefigurare intere situazioni.

domenica 13 maggio 2012

Scoprirsi privilegiati

A bordo di un ‘freccia bianca’ in attesa di lasciare la stazione di Brescia.
Osservo dal finestrino le persone sedute sulle panchine. Mi ritrovo in 'movimento' mentre altri sono 'fermi'. Sono occupato, anzi fatico a stare appresso alle ‘cose’, mentre altri, sempre più numerosi, si ritrovano sfaccendati, non sanno cosa fare.
Per alcuni il 'movimento' è sempre maggiore e vorticoso, a tratti travolgente, per altri vige una situazione di ‘blocco’ che progressivamente si espande, si irrigidisce. Tale condizione è diffusa, repentina nel suo avverarsi, drammatica nei suoi esiti.
Le differenze si acuiscono dando vita a vere e proprie disparità. Rimangono gli opposti: tutto pieno o tutto vuoto. Sono saltate le vie di mezzo: dentro o fuori, privilegiati o svantaggiati. Sono saltati i meccanismi di mobilità tra le parti. Si apre il baratro.

venerdì 27 aprile 2012

Facili conclusioni

Sono partigiano, ma contemporaneamente, per quanto nelle mie possibilità, al di sopra delle parti. Mi piace provare a comprendere le ‘cose’, ancor più quando mi trovo ad esserne parte, a provare emozioni.
Rifuggo le 'facili conclusioni'. Non fanno per me. Ogniqualvolta mi ci imbatto, provo fastidio e avversione. Le 'facili conclusioni' si collocano a debita distanza dalla ‘realtà delle cose’: la spezzettano, la semplificano, spesso la banalizzano, impedendo di cogliere l’essenza, le istanze fondamentali.
Le 'facili conclusioni' sono, però, un fenomeno interessante e significativo: rappresentano gli odori e gli umori del momento. I bar, le piazze, le location delle macchinette del caffè e, oggi, i social network sono il loro naturale setting. Lo sport, la moda, oggigiorno, la politica sono le tematiche catalizzatrici: metafore sulle quali proiettare le istanze della propria vita. Ecco il perché della concentrazione di attenzione, interesse e remunerazione su questi temi.
In tali setting, solo in questi, diventa legittimo esprimere 'facili conclusioni'. Il contenuto va in secondo piano in favore del processo: modalità di espressione, strumento di relazione, occasione di incontro. Meta-comunicazione e meta-contenuto. E' la risposta al bisogno profondo di sentirsi vivi, di esprimersi, di percepire di esserci. Sopravvivenza.
Altra cosa è chiamare le cose per quello che sono, utilizzare un linguaggio diretto, appunto ‘stare sul pezzo’, ‘prendere il toro per le corna’.
È difficile, molto difficile. Non è da tutti.
Implica accettare ogni cosa per quella che è, che non significa condividerla, bensì riconoscere la sua ragion d’essere. Implica – come ama affermare Edgar Morin – l’accoglienza della complessità delle situazioni, il saper mettere assieme le diverse discipline, implica – utilizzando l’epiteto che Eugenio Scalfari ha accostato a Miriam Mafai – un atteggiamento di ‘irriverenza meditata e matura’.
Ma soprattutto implica ‘pulizia’ e ‘misura’: pulizia di pensiero e d’animo; misura di parole e toni. Infatti, tutto è dicibile a patto di mantenere un rigoroso rispetto di tutto e di tutti, anche di se stessi; tutto è dicibile a patto di camminare sul filo, con la presunzione di poterci stare sopra ma senza l'obiettivo di non cadere, piuttosto, predisponendosi a risalire di fronte ad ogni caduta. Senza giustificazioni e, qualora necessario, scusandosi.

giovedì 22 marzo 2012

'Fare soldi'

Si moltiplicano le istanze di rottura del sistema economico e politico.
In un recente articolo pubblicato dal New York Times, Greg Smith motiva le sue dimissioni da Goldman Sachs a causa dell’‘ambiente tossico e distruttivo’. Afferma: “l'unica preoccupazione dell'azienda è ‘fare soldi’, anche a spese del cliente”. Contemporaneamente, sulla stessa sponda dell’Atlantico, si assiste alla diffusione del movimento OccupyWallStreet con il suo slogan: “we don't need Wall Street and we don't need politicians to build a better society”.
Forse siamo di fronte alla crisi della becera e miope ‘furbizia’, quella focalizzata sul personale e immediato interesse, fatta di evasione, elusione, corruzione, abuso di potere, speculazione, fino al crimine, piccolo o grande che sia. Forse è iniziato una attacco a tutto ciò che produce tornaconto, soprattutto ricchezza, senza passare attraverso il ‘lavoro’, nel suo significato più nobile di fatica, energia profusa volta a produrre valore.
Sono consapevole che la mia è prevalentemente una speranza; e se anche cogliessi il vero, la strada da percorrere sarebbe lunga.
Considero il lavoro uno strumento di sostentamento, di espressione e di contribuzione alle vicende umane. Lavorare è vivere.
Naturalmente ogni singola operatività si colloca dentro un contesto, organizzativo, sociale e istituzionale, che filtra obiettivi e progettualità individuali assegnando ad ognuno uno specifico ambito di azione attraverso organizzazione, ruolo e funzione. Insomma, il contesto di appartenenza è potente: orienta e guida l’azione individuale in un verso oppure in un altro.
Oggi il lavoro risulta fortemente vincolato, talvolta falsato, spesso semplificato nel concetto di ‘fare soldi’.
Se è vero che il Truman Show sta venendo meno, se è vero che è arrivato il tempo di guardare in faccia la realtà, se è vero che non è più possibile perdere tempo ed energie, se è vero che non basta più ciò che si è sempre fatto, è altrettanto vero che si fatica a cogliere cosa fare. Non sono state ancora elaborate strategie utili a rispondere alle necessità, ad interpretare l'emergente, così, ad incidere e lasciare il segno.
È tempo di mettere a fattor comune energie e risorse disponibili; è tempo di costruire nuove alleanze; finalmente, forse, è tempo di ritornare a lavorare.

Foto: la dura realtà ! ;((

giovedì 8 marzo 2012

Costruire il futuro: compito di chi ci succederà

Non ho scelto di venire al mondo, ancor meno chi mi ha generato, sia dal punto di vista fisico che culturale. Mi ritrovo ad essere quel che sono, a vivere le giornate disponibili, a partire da questa posizione.
In questo frangente le condizioni congiunturali non sono agevoli, bensì confuse e sconnesse.
È chiaro che il ritmo di una lunga fase storica si è definitivamente rotto: è finito un ‘tempo’ e c’è poco spazio per l’ottimismo, per guardare al futuro con fiducia e speranza. Siamo entrati in una fase ‘stretta’, 'corta' di risorse, con scorte esigue. Senza idee e senza prospettive si impone la sospensione. Si rimane fermi, a secco, senza parole e senza energie.
Come afferma Giorgio Agamben, in mancanza di fede o fiducia non è possibile futuro. C´è futuro solo se si può sperare o credere in qualcosa, ma tutta la fede è stata fagocitata dal denaro. Il potere finanziario ha sequestrato il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Il vivere – sostiene Giovanni Lindo Ferrettiè stato subordinato a ragioni di convenienza economica.

domenica 19 febbraio 2012

Affrontare, digerire la 'decrescita'

È ufficiale l’Italia è in recessione.
Da qualche anno mi accompagnano i temi della decadenza e del declino; sono venuti chiaramente alla luce nel corso dell’estate 2008 durante un viaggio che mi ha portato ad attraversare l’Europa: al confronto con gli altri paesi l’Italia appariva ferma, immobile, alla deriva. Una condizione che si è trascinata fino alla seconda metà del 2011. Poi, sotto i colpi dell’opinione pubblica, soprattutto internazionale, è svanita l’illusione del paese benestante, dei ristoranti pieni, della fatica a prenotare un posto sugli aerei, abbattuta a suon di spread e delegittimazioni.
Ora il modo di affrontare le questioni è cambiato, ma la sostanza rimane la medesima. Che cosa succederà?
Probabilmente non precipiteremo come la Grecia, ma permane il rischio di ritrovarci progressivamente nella medesima situazione.

mercoledì 8 febbraio 2012

Sospendere, esserci

Respingere la tentazione di reagire: lasciare entrare nelle membra le sollecitazioni, sentirne movimenti e vibrazioni, tutta l’entropia prodotta, l’eventuale dolore o appagamento. Per quel che si può, soffermarsi a percepire ciò che accade, pensare che esiste un ‘perché’ con un suo senso e significato, provare a coglierlo, anche – perché no – fermarsi e rinunciare. È liberante.
L’importante non è la risposta alle sollecitazioni, bensì assumere la posizione del ‘sospendere’, etimologicamente ‘trattenere dal cadere’. Sospendere è ‘azione’: difesa profonda, chiave di accesso, leva d’attacco, terreno di crescita; sospendere è ‘amore’: riconoscimento del ‘mistero’, sintonizzazione sull’altro, emozione vissuta. Si evita in questo modo la facile conclusione: semplicistica e banale, sviante e deviante, inconcludente e inutile.

venerdì 27 gennaio 2012

Improduttivi, inefficaci e inefficienti


Sono consapevole delle fasi della vita.
Osservo ciò che ho attraversato: i primi decenni in preparazione di ciò che sarebbe potuto avvenire, il tempo della ‘riproduzione’, di seguito la fase pubblica e sociale. Finirà anche questa, prima o poi. Ed essa con me, prima o poi.
Percorro questo cammino provando – per quel che mi è possibile – a ‘mettere del mio nelle cose della vita’, conquistando progressivamente spazi di azione ed espressione, ambendo a fare un po’ tutto bene: dal marito al padre, dal professionista al cittadino. La corsa appare accorta, progressiva, per ora senza particolari contrattempi.
Mi è stato concesso molto.
Ho dovuto sperimentare: scivolare rovinosamente e vincere clamorosamente, ma soprattutto fare un passo alla volta attendendo che il tempo faccia il suo corso, la debita selezione, l’opportuna ‘digestione’.

venerdì 13 gennaio 2012

Rendita parassita

Vivo con disagio ogni qual volta mi imbatto in situazioni ove non appare corrispondenza tra qualità della persona, posizione ricoperta e stile di vita; situazioni rese possibili solo in virtù d’altro o d’altri, non ‘di ciò che si è’. Sono molte e diffuse, piccole e grandi; sono sotto gli occhi di tutti, quotidianamente. Legittime, legali ma assolutamente improduttive, talvolta anche ingiuste.
La ricchezza è un valore, ma se è il risultato del merito, non di rendita ed evasione’.
Questa dichiarazione del Presidente del Consiglio rappresenta una ‘pietra miliare’. Mi piace tradurla nel seguente modo: è opportuno che le risorse disponibili, tutti i tipi di risorse, materiali e immateriali, siano gestite da persone che si distinguono per capacità e onestà, non per mera ‘appartenenza’ o per violazione della legge (bello a tal proposito l’articolo di Saviano su Cosentino).