giovedì 18 agosto 2016

"Brandizzare" l'esistenza

La facilità di comunicazione, attraverso parole ed immagini, è un dato acquisito: con i nuovi media è possibile contattare con grande facilità una molteplicità di persone; condividere notizie, esprimere concetti, mostrare situazioni, cose e persone, il tutto in modo dettagliato e in tempo reale. 
Grandi spazi di possibilità si sono aperti, molti ancora da esplorare. Strumenti e pratiche diventate oggigiorno imprescindibili nella pratica commerciale: vendere un prodotto/servizio, promuovere una istituzione, eventualmente una professionalità. 
Mettere in circolo specifiche e mirate narrazioni è diventato a portata di tutti. Tali pratiche hanno contagiato e travolto anche la quotidianità delle persone: oramai tutti, chi più e chi meno, utilizzano queste prassi.
Registro altresì una deriva: la commercializzazione della propria esistenza attraverso l'esibizione di istanze personali; pezzi scelti e montati in sceneggiature ad hoc; story telling dell'esistenza mostrando l'immagine di sé stessi e del proprio mondo.
La propria esistenza trattata come un vero e proprio brand.
Gestire la propria immagine è un fatto inevitabile, ma gli strumenti oggi a disposizione amplificano tale fenomeno permettendo e favorendo manipolazione e strumentalizzazione, anche mistificazione.
In altre parole, prendendo spunto da due pellicole degli ultimi decenni, stiamo andando oltre The Truman Show di Peter Weir (1998) e Reality di Matteo Garrone (2012), con i social media tutti hanno a disposizione uno strumento di potenziale distorsione della verità e della realtà.
Ma che cosa spinge a farne un tale utilizzo?
Ho la netta convinzione che l'aver bisogno di esporre se stessi, utilizzando parole e immagini di ciò che si fa, dove si va, fino alle più banali attività quotidiane, sia indice di una profonda fragilità esistenziale: identità incerta, latente solitudine. Pratiche che, attraverso like e commenti entusiasti, trovano alimento e sostegno, direi collusione, tra chi esprime medesime connotazioni; dentro queste reti di contatti tutti vengono connotati come "bravi e belli".
Trattasi di deriva ancor maggiore quando l'adulto trascina con sé i famigliari, talvolta minori inconsapevoli e impotenti. Eccoci di fronte al brand famigliare, all'uso distorto delle relazioni parentali.

Foto: Branded

Nessun commento:

Posta un commento