giovedì 22 marzo 2012

'Fare soldi'

Si moltiplicano le istanze di rottura del sistema economico e politico.
In un recente articolo pubblicato dal New York Times, Greg Smith motiva le sue dimissioni da Goldman Sachs a causa dell’‘ambiente tossico e distruttivo’. Afferma: “l'unica preoccupazione dell'azienda è ‘fare soldi’, anche a spese del cliente”. Contemporaneamente, sulla stessa sponda dell’Atlantico, si assiste alla diffusione del movimento OccupyWallStreet con il suo slogan: “we don't need Wall Street and we don't need politicians to build a better society”.
Forse siamo di fronte alla crisi della becera e miope ‘furbizia’, quella focalizzata sul personale e immediato interesse, fatta di evasione, elusione, corruzione, abuso di potere, speculazione, fino al crimine, piccolo o grande che sia. Forse è iniziato una attacco a tutto ciò che produce tornaconto, soprattutto ricchezza, senza passare attraverso il ‘lavoro’, nel suo significato più nobile di fatica, energia profusa volta a produrre valore.
Sono consapevole che la mia è prevalentemente una speranza; e se anche cogliessi il vero, la strada da percorrere sarebbe lunga.
Considero il lavoro uno strumento di sostentamento, di espressione e di contribuzione alle vicende umane. Lavorare è vivere.
Naturalmente ogni singola operatività si colloca dentro un contesto, organizzativo, sociale e istituzionale, che filtra obiettivi e progettualità individuali assegnando ad ognuno uno specifico ambito di azione attraverso organizzazione, ruolo e funzione. Insomma, il contesto di appartenenza è potente: orienta e guida l’azione individuale in un verso oppure in un altro.
Oggi il lavoro risulta fortemente vincolato, talvolta falsato, spesso semplificato nel concetto di ‘fare soldi’.
Se è vero che il Truman Show sta venendo meno, se è vero che è arrivato il tempo di guardare in faccia la realtà, se è vero che non è più possibile perdere tempo ed energie, se è vero che non basta più ciò che si è sempre fatto, è altrettanto vero che si fatica a cogliere cosa fare. Non sono state ancora elaborate strategie utili a rispondere alle necessità, ad interpretare l'emergente, così, ad incidere e lasciare il segno.
È tempo di mettere a fattor comune energie e risorse disponibili; è tempo di costruire nuove alleanze; finalmente, forse, è tempo di ritornare a lavorare.

Foto: la dura realtà ! ;((

giovedì 8 marzo 2012

Costruire il futuro: compito di chi ci succederà

Non ho scelto di venire al mondo, ancor meno chi mi ha generato, sia dal punto di vista fisico che culturale. Mi ritrovo ad essere quel che sono, a vivere le giornate disponibili, a partire da questa posizione.
In questo frangente le condizioni congiunturali non sono agevoli, bensì confuse e sconnesse.
È chiaro che il ritmo di una lunga fase storica si è definitivamente rotto: è finito un ‘tempo’ e c’è poco spazio per l’ottimismo, per guardare al futuro con fiducia e speranza. Siamo entrati in una fase ‘stretta’, 'corta' di risorse, con scorte esigue. Senza idee e senza prospettive si impone la sospensione. Si rimane fermi, a secco, senza parole e senza energie.
Come afferma Giorgio Agamben, in mancanza di fede o fiducia non è possibile futuro. C´è futuro solo se si può sperare o credere in qualcosa, ma tutta la fede è stata fagocitata dal denaro. Il potere finanziario ha sequestrato il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Il vivere – sostiene Giovanni Lindo Ferrettiè stato subordinato a ragioni di convenienza economica.