Sono stato educato a dire ciò che si deve dire, non a dire ciò che si sente, si vede e si pensa. In molte occasioni ho percepito chiaro l'ammonimento, preventivo e consuntivo, dell'esprimere un parere, talvolta indicato come atto eversivo, in particolare quando espresso in ambienti istituzionali.
L'esprimersi risente di regole culturali, spesso implicite, condensate nell'espressione politically correct ovvero valutazione di opportunità. Concetti in sé nobili che rinviano a linee di opinione ed atteggiamenti sociali di attenzione e rispetto dell'altro, ma, contestualmente, strutturalmente ambigui che si prestano a diverse interpretazioni. Se è vero infatti che esercitare attenzione e rispetto implica accettare che esiste un limite alla libera espressione, spesso tale limite viene pretestuosamente interpretato quale legittimazione dell'adulterazione, fino al tradimento del significato originario: giustificazione della menzogna, diffusione della mistificazione, sdoganamento dell'ipocrisia.