La venuta al mondo di
mio figlio, l’ultimo di quattro, è stata traumatica. Attraversare la nascita è stato
dirompente: in un brevissimo lasso di tempo ho dovuto ‘imboccare molteplici bivi’. Tale vissuto è stato disarmante, assorbente,
sfinente.
Ho la netta sensazione
che la condizione di quarantenne abbia amplificato tale esperienza. All’entusiasmo
è subentrata la pesantezza, all’adrenalina la paura, alla disinvoltura la
cognizione di causa, insomma l’incoscienza delle cose è stata spazzata via
dalla consapevolezza della realtà, travolgendomi.
Disarmante è stata
soprattutto la posizione dell’essere al bivio: normalità-anomalia, sicurezza-pericolo,
vita-morte. E stare al bivio, benché condizione costitutiva del reale, è
difficile, porta con sé un carico emotivo forte e potente.
Stare al bivio è la condizione
che contraddistingue il nostro tempo.
La fragilità, la
debolezza, la parzialità prorompono nella realtà sollecitando e rompendo la presunta
stabilità e la fittizia continuità fatte di idee, presupposti e convinzioni. Il
‘bivio’ smobilita l’accomodamento, svela il limite. Stare al bivio, insomma, porta
con sé il riconoscimento e l’accettazione della condizione di rischio.
L’illusione
dell’eliminazione del rischio è compromessa. Le strategie orientate alla
prevenzione (analisi e gestione del rischio) ovvero alla riduzione del danno (sottoscrizione
di premi assicurativi) risultano inadeguate, assumono la valenza di mero
palliativo di fronte all’irrompere della realtà: comunque utili nei confronti di
specifiche istanze, ma non più sufficienti a rispondere ai bisogni del vivere.
Non si può prescindere
dalla condizione di rischio, abitarla diventa necessario, ineliminabile,
improrogabile.
Di fronte allo 'sbattere
in faccia' di questa situazione, non resta che mettere in campo tutto il coraggio possibile,
tutta la ‘forza d’animo che fa che l’uomo non si sbigottisca nel pericolo, o affronti consideratamente rischi’,
ovvero – utilizzando le parole del poeta inglese John Keats – tutta la capacità del saper ‘stare nelle incertezze, nei misteri, neidubbi, senza essere impaziente di pervenire a fatti e a ragioni’.
Solo intraprendendo questo
percorso si può coltivare la speranza di futuro.
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