domenica 29 agosto 2010

Nessuno è solo se stesso ...

...: il riconoscimento può avvenire sia per ciò che si è, ma anche per ciò che si rappresenta.
Viviamo di riflesso altrui, quello di chi - per parentela o adesione - ci ha accompagnato e ci accompagna nella vita. Per esempio io sono stato 'figlio di ...', identificato con il 'ceppo familiare dei ...', successivamente 'allievo di ...'. Sono legami e appartenenze inevitabili che possono essere funzionali alla propria emancipazione se prevedono l'uscita di scena di 'genitori e maestri'.
Si può brillare di luce propria (per quel che si può), oppure adagiarsi sul riflesso altrui, assumendo la funzione di megafono e amplificatore di suoni e voci d'altre identità. Capita infatti di incrociare persone che non sono solo loro: toccarli significa toccare altro. E se questo altro è forte e potente, diventano intoccabili. E' questa una posizione dalla quale si possono trarre favori e benefici, ma densa di rischi per se stessi (mettere le proprie sorti 'fuori da sé') e per gli altri (inquinare il flusso delle relazioni).
L'abdicazione alla individuale capacità creativa infonde in me tristezza; la collusività dei rapporti mi infastidisce.
Chiara Saraceno, focalizzando l'attenzione sui legami parentali, evidenzia gli effetti del venir meno dei confini tra le persone: l’intimità che diviene mancanza di limite e il senso di appartenenza che diventa pretesa di possesso. E' questa la condizione nella quale possono svilupparsi comportamenti e aspettative ove sparisce il confine tra la solidarietà e l’abuso, tra il prestare aiuto e il favorire, anche a scapito delle regole e del bene comune.

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