Il tentativo di aprire naso, occhi e orecchie di fronte alla 'vita', ancor più in un contesto, quello attuale, in piena mutazione, con-fusione, dove alla degenerazione si intreccia la rigenerazione, alla barbarie la genialità. Provare a 'tenere dentro' tutto quello che c'è, con la convinzione che l'esistenza di una 'cosa' oppure di un 'fenomeno' non sia mai un caso. Questa posizione è liberante: elimina la categoria dell' 'assurdo', del 'non senso' ed apre al 'possibile', al 'nuovo'.
venerdì 31 maggio 2013
martedì 28 maggio 2013
Tenere la posizione
Ho bisogno di tenere i
contatti con chi mi è cresciuto accanto, con chi ha accompagnato le mie
giornate. Ho bisogno di mettere i piedi nei luoghi che mi hanno visto nascere e
crescere, quelli nei quali ho sperimentato la vita. Ho bisogno di rivedere quei 'posti',
respirarne l'aria.
Ma parimenti ho bisogno
d'altro. Quel luogo e quelle persone definiscono uno spazio fisico e mentale circoscritto; spazio che valorizza alcune istanze e ne
esclude altre; spazio che traccia un confine tra ciò che è 'dentro'
e ciò che è 'fuori'.
lunedì 13 maggio 2013
Zingari, accattoni, disabili, clandestini ... presenze scomode che abilitano l'evoluzione
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La nascita conferisce
una condizione 'partigiana'.
Nasciamo e cresciamo
appartenenti ad una identità definita. Ciò è tanto rassicurante quanto
limitante. Io ne ho colto più la mancanza che il valore. Per questo ho provato
a mettere i piedi 'fuori'.
Osservando i miei
trascorsi intravedo il bivio che mi si è posto dinnanzi: accogliere lo statu
quo percorrendo la strada dispiegata, senza guardare oltre e senza porre
troppe domande, oppure volgere lo sguardo altrove provando a far entrare ciò
che c'è 'fuori'.
Ho provato a muovermi
in questa seconda direzione: mettere i piedi 'dove non si può' ma sempre con
cautela e attenzione, cioè rassicurando e facendo capire che nonostante tutto
mai avrei usato ciò che era 'fuori' per contaminare il 'dentro'. Talvolta ci
sono riuscito, altre volte meno.
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