venerdì 11 marzo 2011

Mettersi in gioco, al di là del vero e del falso


Con l'espressione, italianizzata, "fare l'amore", i ‘vecchi della mia terra’ non intendevano l’atto sessuale ma semplicemente l’esistenza di un legame affettivo tra due persone, naturalmente eterosessuali. Fino a qualche decina d'anni fa, infatti, il sesso fuori dal matrimonio era un tabù, quasi uno scandalo; di seguito è diventato un 'dato di fatto' per lo più negato o nascosto; negli ultimi anni è stato sdoganato e accettato, anzi chi si pone in un'ottica di deplorazione rischia di essere bollato come moralista.
Sono cresciuto dentro un contesto costituito da credenze e principi potenti. Il vero e il falso, il giusto e l’errato erano ben definiti. Pochi i margini di uscita. Benché si assista alla progressiva erosione delle credenze tradizionali, civili, religiose, politiche, scientifiche, se non al loro fallimento, persiste e resiste l'idea – come afferma Giorgio Agambenche per agire bene bisogna disporre di un sistema di credenze prefissato.
Era chiaro che tutto ciò che stava fuori non esisteva oppure era sbagliato. La Chiesa, la Politica e la Scienza hanno assunto una funzione di presidio: controllori e regolatori. Tutto il resto è stato confinato, quasi allontanato, all'arte, dentro confini limitati e definiti.
Siamo in pieno guado: vecchi e obsoleti principi coesistono a deboli e abbozzate prassi d’azion
e; e noi, dentro un tale contesto, ci troviamo ad alternare in modo schizofrenico scelte di principio ad altre che hanno l'unica caratteristica di essere ricorrenti e diffuse. Ci troviamo spesso disorientati tra la costruzione di nuovo senso e la deriva della superstizione e dell'indifferenza.
Non sono preoccupato di questo andamento: né del facile entusiasmo di fronte al venir meno dei vincoli tradizionali, né degli atteggiamenti di difesa ad oltranza. Piuttosto mi preoccupa constatare che è difficile condividere una verità o una fede che non siano di tipo assertivo; che faticano ad emergere territori dell’esistenza in cui ci si mette in gioco personalmente. L’etica – come afferma l’autore – non significa obbedire a un dovere, piuttosto significa mettersi in gioco: in ciò che si pensa, si dice e si crede.

1 commento:

  1. Un testo incredibile per lo sconvolgimento che porta, che fa pensare in ogni sua riga. Per ora mi accentro sull' "esperienza vitale soggettiva", ma c'è molto altro.
    Intanto va bene l'etica di chi scrive su di un blog per se stesso e ... forse, anche per altri.
    Ciao
    Piergiorgio

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