giovedì 15 giugno 2023

Camuffare il malessere

In un'intervista trovo riporta la seguente frase: "mia mamma faceva la cubista, era una ragazza con problemi, mi ha avuta a 21 anni. Entrambi (ndr. mia madre e mio padre) hanno sofferto molto ed erano onesti in questo, non hanno mai camuffato il loro malessere".

"Camuffare il malessere" è culturalmente un "must" del nostro vivere: l'obiettivo è far vedere che tutto è bello e che tutto va bene.

"Tutto bene" è diventato un intercalare che ha perso significato. I "social" sono diventati l'interfaccia della nostra immagine, non solo di quello che vogliamo far vedere, spesso anche strumento di costruzione della realtà auspicata.

E' così potente tale pressione che non ci si rende conto di "camuffare"; lo si fa per se stessi più che per gli altri, in quanto far spazio alla realtà significa fare i conti con la fragilità, anche la pochezza, della nostra vita. Alto è il rischio di incontrare il "fallimento". Non ce lo possiamo permettere.

Impostazione, parafrasando la citazione sopra riportata, "disonesta".

Non è umano che tutto vada bene; non è reale la costante felicità; la felicità inoltre, non dipende solo da noi. Questa è la condizione umana: venuti al mondo, attraversiamo il tempo concesso vivendo le esperienze disponibili e possibili; possiamo prendere delle strade che possono condurre da una parte oppure dall'altra, incontrando con diversa probabilità questo o quello. Ma soprattutto possiamo prepararci ad affrontare ciò che può accadere; cioè, riconoscere la presenza del limite e, quando inesorabilmente emerge, starci dentro, affrontarlo, senza farsi travolgere. Per qual che si può e si riesce.

Ogni altra strategia è destinata al fallimento: prima o poi la realtà spazza via ciò che non è vero.