venerdì 22 aprile 2011

Disuguali

Tremavo di fronte alla necessità di dover dare il nome a mio figlio. Nell'azione del nominare sentivo tutta la responsabilità dell’averlo messo al mondo. Non ho potuto non farlo, ma sentivo forte la sfida della vita che si apriva per lui e per me con lui. Come afferma Claudio Magris il nome è il segno di un unico e irripetibile individuo.
Dare il nome è un gesto potente. Segna il passaggio in vita, l’avvio di una storia che, benché destinata a finire e a perdersi nella memoria, segue la sua strada, più o meno compiuta, più o meno decifrabile. Ogni nome fa il suo percorso: alcuni non fanno il tempo di apparire che se ne vanno, altri rimangono al palo, altri ancora riescono ad acquisire peso e significato.

mercoledì 6 aprile 2011

Le ragioni dell’altro nel ‘regime di cristianità’

Sono nato e cresciuto nel 'regime di cristianità'. Ne sono stato anche un esponente, ricoprendo ruoli che ho provato ad esercitare al meglio, per quel che ho potuto e finché ci sono riuscito.
Quello che sono è frutto di questa storia che vivo con ambivalenza e disorientamento, talvolta con imbarazzo. Mi risuonano forti le parole di Vasco Rossi riportate in una recente intervista: "Io vengo da un’educazione cattolica ed è andato tutto bene fino a quando a dodici anni sono andato in un collegio di preti e ho conosciuto l’istituzione Chiesa: lì è saltato tutto".
Io non ho fatto saltare nulla, ma sento chiaro il rischio di deragliare: i binari non sono idonei a farmi proseguire. E di fronte al cieco trascinamento di ciò che si è sempre fatto, ovvero di fronte all’ostinazione a continuare come se nulla fosse accaduto, ho mollato la presa. Mi sono fermato. Rimasto sulla soglia, impietrito e impotente, assisto al lento e inesorabile venir meno dei riferimenti di una vita, i miei e quelli di coloro che mi hanno preceduto, di generazione in generazione.