mercoledì 8 febbraio 2012

Sospendere, esserci

Respingere la tentazione di reagire: lasciare entrare nelle membra le sollecitazioni, sentirne movimenti e vibrazioni, tutta l’entropia prodotta, l’eventuale dolore o appagamento. Per quel che si può, soffermarsi a percepire ciò che accade, pensare che esiste un ‘perché’ con un suo senso e significato, provare a coglierlo, anche – perché no – fermarsi e rinunciare. È liberante.
L’importante non è la risposta alle sollecitazioni, bensì assumere la posizione del ‘sospendere’, etimologicamente ‘trattenere dal cadere’. Sospendere è ‘azione’: difesa profonda, chiave di accesso, leva d’attacco, terreno di crescita; sospendere è ‘amore’: riconoscimento del ‘mistero’, sintonizzazione sull’altro, emozione vissuta. Si evita in questo modo la facile conclusione: semplicistica e banale, sviante e deviante, inconcludente e inutile.
Per esprimere questo concetto prendo a prestito le parole di Gotthard che vive a Lipsia e lavora come animatore in un carcere.
In prigione i carcerati, le guardie e le altre persone che vi lavorano sono portati a vedere la vita o tutto in bianco o tutto in nero.
Di fronte alle vicende umane che incontro ho smesso di voler comprendere esattamente cos'è successo, è già molto se riesco un po' a cogliere la complessità di chi mi sta di fronte, con la sua storia, complicata e spesso contorta, con tante contraddizioni, ferite, talvolta con degli abissi spaventosi, terribili, dove la persona non capisce più se stessa. Io mi ci ritrovo rispecchiato con le mie ambiguità e contraddizioni.
Questo lavoro mi ha fatto scoprire quanto la realtà umana sia complessa. Ho capito che non potrò mai comprendere tutto e che non è poi così importante. L'importante è esserci, cercare di rispettare la vita di ognuno, lasciare che sia lui ad assumere le sue responsabilità e sostenerlo perché non perda la speranza.
Attraverso l’ascolto di questi uomini, ha scoperto molte sfumature di grigi e anche i colori.
Nel tempo in cui il ritmo delle cose è irreversibilmente rotto, nel tempo in cui riproporre il passato risulta inadeguato e obsoleto, nel tempo del passaggio verso un nuovo che ancora non è e chissà se mai sarà, abbiamo l’occasione di fermarci, tralasciare le aspettative altrui e limitarci ad esserci, qui ed ora, a partire dal quotidiano. E poi, solo dopo aver attraversato questa ‘posizione’, fare la propria mossa.

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