domenica 21 agosto 2011

La bellezza della debolezza

Nutro un profondo rispetto nei confronti di coloro che riescono a stare ritti di fronte al proprio sentire e al proprio fare, in particolare rispetto all’emergere della propria debolezza. Il limite, benché nascosto, eluso, anche negato, è costitutivo dell’essere umano ed è foriero di sofferenza, fisica e psichica.
Riconoscere emozioni, impulsi e desideri rappresenta, quindi, un atto di realtà, significa stare di fronte a se stessi per quel che si è: dotati di energie e risorse, anche abilità, ma limitati, bisognosi del contributo altrui, insomma incapaci di bastare a se stessi. A queste condizioni, cioè solo dentro questa visione, la debolezza può apparire anche ‘bella’.
Emblematiche sono l’outing di Vasco Rossi rispetto alla malattia mentale e il racconto delle frequentazioni transessuali di Piero Marrazzo.
Seguo da anni, a giusta distanza e talvolta con riserve, le vicende di Vasco Rossi. Mi ha sempre colpito – più quello degli esordi che quello della maturità – la sua capacità di esprimere la vita, anche, talvolta, di aprire gli orizzonti. A distanza di anni lo riscopro nelle dichiarazioni via facebook. Scrive: “Ho passato un lungo periodo di tempo [con la] continua sensazione di groppo in gola, di sconsolata tristezza. Un velo opaco, grigio, su ogni cosa. Essere di cattivo umore sempre, dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina. Ogni giorno, ogni momento. Per settimane … mesi. Sempre”. E poi continua: “Assumo (da tempo) un cocktail di antidepressivi, psicofarmaci, ansiolitici, vitamine e altro , studiato da una equipe di medici, che mi mantiene in questo ‘equilibrio’ accettabile. Se sono vivo lo devo a loro e a tutta questa valanga di chimica che assumo. NON avrei superato tutte le consapevolezze, le sofferenze e la profonda depressione nella quale ero sprofondato nel 2001”.
Piero Marrazzo in una recente intervista rilasciata a Repubblica accetta e rischia di esplorare il suo mondo emozionale, quello che lo ha portato a frequentare persone transessuali. Afferma: “Quel giorno ero confuso, stanco, ho avuto un impulso di andare lì subito. […] Volevo andare lì e dimenticare il resto. […] Avevo bisogno di suonare a quella porta e che quella porta si aprisse. […] Una prostituta è molto rassicurante. È una presenza accogliente che non giudica. I transessuali sono donne all'ennesima potenza, esercitano una capacità di accudimento straordinaria. Mi sono avvicinato per questo a loro. È, tra i rapporti mercenari, la relazione più riposante. Mi scuso per quel che sto dicendo, ne avverto gli aspetti moralmente condannabili, ma è così. Un riposo”.
Entrambi, con queste dichiarazioni, rompono potenti 'schemi' impliciti, varcano spazi inesplorabili, indicibili, svelandone qualche tratto. Non enfatizzano nulla, stanno sui fatti e sulla realtà: ammettono l’esistenza di emozioni profonde e travolgenti, ne riconoscono tutta la sofferenza, la necessità di essere aiutati, la disponibilità a farlo e l’aiuto trovato. Un’ammissione di grande umanità.
Mi rendo conto della scandalosità di queste dichiarazioni: possono creare turbamento delle coscienze e offendere i principi morali. Rispetto chi prova questi sentimenti. Contestualmente desidero sia rispettato chi, come me, non prova scandalo, anzi riconosce come un valore l’esplicitazione di queste emozioni, che incide gli 'schemi' profondi della nostra cultura; 'schemi' che limitano la visione della realtà, talvolta la distorcono.

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