Non mi coinvolge l’esultanza per la morte di Bin Laden, neppure il clamore per la beatificazione di Giovanni Paolo II°, non mi emoziona il wedding reale d'Inghilterra. Sento lontane queste celebrazioni, ancorate ad un passato che non ha futuro. C’è bisogno d'altro.
Evocativa è la vignetta riportata a fianco. L’individuo rimane inevitabilmente radicato alla sua storia e, come sostiene W.B. Arthur, dipende molto dal cammino (path dependance). È decisivo ciò che ognuno ha attraversato lungo la sua via: gli odori, l’aria, il clima e con questi le emozioni scaturite dallo stare dentro i personali e collettivi eventi vissuti. Insomma, una volta messe radici, viene assunto un punto di vista partigiano di vedere se stessi e tutto quello che sta attorno. Ciò vale anche per le vicende della collettività, per le epoche della storia.
Il Novecento occidentale ha sviluppato il suo punto di vista a partire dall'esperienza nazi-fascista. Le ideologie, i valori, gli ordinamenti nazionali e internazionali sono stati forgiati a partire da quell’esperienza. Ecco per noi italiani l'ordinamento costituzionale.
Questi presupposti stanno venendo meno insieme a coloro che hanno messo radici in quegli anni (una stretta cerchia di ultraottantenni). Con costoro stanno svanendo i presupposti valoriali, ideologici e culturali che reggono gli assetti istituzionali.
Rimangono, come in una sorta di trascinamento, le forme per lo più svuotate, anacronistiche.
Il dettato costituzionale, benché rimanga ‘bello e buono’, presenta molteplici incongruenze con la realtà: si ripudia la guerra mentre si combatte in svariati fronti; si afferma il valore del lavoro contestualmente ad una progressiva sua deregulation; si afferma l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge mentre si smantella l’assetto giudiziario. L'ordinamento costituzionale perde la sua intoccabilità e pullulano le proposte e i tentativi di riforma, benché velleitari, maldestri, spesso strumentali.
Nella dicotomizzazione di ogni cosa prevalgono due posizioni: la difesa nostalgica e sterile di ciò che è stato rilevante e importante e l’ambizione a cambiare tutto a tutti i costi riuscendo solo ad ottenere lo svuotamento dell’esistente, anzi spesso risultando mera azione di sciacallaggio. Posizioni incapaci da dare valore, che scivolano nella superficialità e nella banalità.
È più utile e fruttuoso fare un passo indietro. Avere meno certezze. Provare a riconoscere ciò che è stato e, contestualmente, rimanere aperti e recettivi nei confronti dell’emergente, di ciò che spontaneamente si sviluppa.
Provo, nel mio piccolo, a mettermi in questa posizione attendendo i segnali, anche flebili, e predisponendomi ad accoglierli ed alimentarli. Ma soprattutto provando ad amare la realtà, per quella che è.
Vignetta di Paolo Bruttini
Evocativa è la vignetta riportata a fianco. L’individuo rimane inevitabilmente radicato alla sua storia e, come sostiene W.B. Arthur, dipende molto dal cammino (path dependance). È decisivo ciò che ognuno ha attraversato lungo la sua via: gli odori, l’aria, il clima e con questi le emozioni scaturite dallo stare dentro i personali e collettivi eventi vissuti. Insomma, una volta messe radici, viene assunto un punto di vista partigiano di vedere se stessi e tutto quello che sta attorno. Ciò vale anche per le vicende della collettività, per le epoche della storia.
Il Novecento occidentale ha sviluppato il suo punto di vista a partire dall'esperienza nazi-fascista. Le ideologie, i valori, gli ordinamenti nazionali e internazionali sono stati forgiati a partire da quell’esperienza. Ecco per noi italiani l'ordinamento costituzionale.
Questi presupposti stanno venendo meno insieme a coloro che hanno messo radici in quegli anni (una stretta cerchia di ultraottantenni). Con costoro stanno svanendo i presupposti valoriali, ideologici e culturali che reggono gli assetti istituzionali.
Rimangono, come in una sorta di trascinamento, le forme per lo più svuotate, anacronistiche.
Il dettato costituzionale, benché rimanga ‘bello e buono’, presenta molteplici incongruenze con la realtà: si ripudia la guerra mentre si combatte in svariati fronti; si afferma il valore del lavoro contestualmente ad una progressiva sua deregulation; si afferma l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge mentre si smantella l’assetto giudiziario. L'ordinamento costituzionale perde la sua intoccabilità e pullulano le proposte e i tentativi di riforma, benché velleitari, maldestri, spesso strumentali.
Nella dicotomizzazione di ogni cosa prevalgono due posizioni: la difesa nostalgica e sterile di ciò che è stato rilevante e importante e l’ambizione a cambiare tutto a tutti i costi riuscendo solo ad ottenere lo svuotamento dell’esistente, anzi spesso risultando mera azione di sciacallaggio. Posizioni incapaci da dare valore, che scivolano nella superficialità e nella banalità.
È più utile e fruttuoso fare un passo indietro. Avere meno certezze. Provare a riconoscere ciò che è stato e, contestualmente, rimanere aperti e recettivi nei confronti dell’emergente, di ciò che spontaneamente si sviluppa.
Provo, nel mio piccolo, a mettermi in questa posizione attendendo i segnali, anche flebili, e predisponendomi ad accoglierli ed alimentarli. Ma soprattutto provando ad amare la realtà, per quella che è.
Vignetta di Paolo Bruttini
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