sabato 9 gennaio 2010

La diversità non va negata ...

... ma nemmeno accolta a prescindere.
La capacità umana di riconoscimento e contenimento della diversità è limitata. Fa quel che può. E il grado di capacità dipende sia dallo 'capienza' individuale, sia dalla 'disponibilità' del contesto sociale, politico, economico e culturale. L'ho provato sulla mia pelle nello stare vicino agli zingari: il 'senso e il significato' dello stare con queste persone sono emersi a partire dal momento in cui ho accettato e vissuto la relazione con l'altro alla 'giusta distanza' (naturalmente il metro del 'giusto' non può che essere soggettivo).
Tale questione risuona nel dibattito di queste settimane a partire dal tema della cittadinanza agli stranieri. L'avvio è una provocazione di Giovanni Sartori seguita - per citare le più rilevanti - dalle considerazioni di Tito Boeri, di Sergio Romano, per arrivare al commento di Angelo Panebianco.
L'importanza - per me - di questi contributi (allego il primo e l'ultimo in ordine temporale) ruota attorno a due concetti. Il primo. L'esplicitazione della legittimità dei diversi sentire verso lo straniero: coloro che lo gradiscono (xenofilo), come coloro che non lo gradiscono (xenofobo). E' legittimo e 'naturale' provare difficoltà nei confronti di ciò che è estraneo (naturalmente altra cosa è agirci contro). Il secondo. La stigmatizzazione della posizione ideologica che porta all'assunzione acritica di una posizione: l'immigrazione è cattiva, l'immigrazione è buona. L'immigrazione non è né buona né cattiva, è un fenomeno che ci coinvolge, che ha assunto dimensioni rilevanti e che quindi bisogna tentare di capirla e, per quel che si può, gestirla.

Nessun commento:

Posta un commento