lunedì 24 maggio 2010

C***, può succedere anche a me! ...

Questo è il vissuto - poco razionalizzato - nello stare di fronte ai drammi della vita. Soprattutto nel momento in cui l'evento è così vicino da non poter assumere la veste di 'cronaca'. Viene a galla l'imprevedibilità, la fragilità, l'incertezza, la finitezza della nostra vita. Lucidità subito calmierata e affogata, ripristinando l'idea di una vita definita e scontata, senza sorprese ed inconvenienti.
Roland Barthes esprime chiaramente questo stato e questa fuga: ovunque, per la strada, al caffè, vedo tutti gli individui come destinati-a-morire, ineluttabilmente, vale a dire, molto esattamente, come mortali. E con non minore evidenza, li vedo come ignari della cosa.
Il limite c'è. Sempre. Si esprime nel progressivo e inarrestabile deperimento, ma può scoppiare improvviso in ogni momento. Esiste anche l'imponderabile: può sopraggiungere una frana proprio al passaggio del treno.
Giustino Parisse, nella lettera aperta ai figli morti nel terremoto d'Abruzzo, non può più permettersi di perdere questa lucidità. Non può negare la morte dei due figli. Ed ecco il rimorso di non aver vissuto quanto aveva a disposizione: 'quella passeggiata che non ho fatto con te è uno dei tormenti delle mie notti'.
E poi afferma: 'quando tutto fila liscio sembra che non ci sia mai tempo per fare le cose importanti. Poi, quando le cose importanti ti vengono a mancare ti accorgi di quanto era vuota la tua vita mentre inseguivi il nulla correndo di qua e di là come una trottola'.
La tranquillità data dall'illusione di una vita senza limiti comporta la restrizione della vita stessa.

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