sabato 7 gennaio 2017

Pensare a se stessi, "fregarsene" degli altri

Un dato sembra certo: accettiamo violenza e ingiustizia verso terzi con grande scioltezza.
Tendenzialmente le ignoriamo, al massimo, qualora si presentano forti e chiare dinanzi ai nostri occhi, ci limitiamo a registrarle attendendo che il tempo sfumi le emozioni: disagio, imbarazzo, senso di colpa, ....
L'immagine recente di Mohammed, il bimbo birmano riverso esamine sulla riva del fiume Naf, è la riedizione della foto di poco più di un anno fa di Aylan, il bimbo siriano morto sulle coste turche. 
Il pensiero che possa essere nostro figlio, l'indignazione di fronte alla plateale ingiustizia verso un infante, sono travolgenti.
Non resta che lasciare al tempo fare il suo corso, lasciare andare le cose, dimenticare: dopotutto non è nostro figlio, neppure un conoscente, anzi trattasi di un accadimento lontano da noi; lasciamo insomma che la vita proceda "come se nulla fosse".
Sostanzialmente ci limitiamo a lasciar scorrere il tempo con la speranza che non accada mai a noi. Avendo la fortuna di trovarci in una posizione di privilegio, ne godiamo fin che possiamo, difendendo alacremente tale condizione.
La realtà è profondamente ingiusta. 
E' chiaro che ci occupiamo e preoccupiamo di noi stessi, eventualmente di coloro di cui abbiamo la responsabilità, al massimo di coloro che potrebbero darci in cambio qualcosa per l'attenzione ricevuta, una sorta di premio assicurativo per acquisire un credito riscuotibile alla bisogna.
Il resto risulta mera "fuffa". La marea di parole che accompagna tali situazioni, i dichiarati di indignazione, le promulgazioni di intenti, gli auspici di intervento e aiuto, ... si esauriscono in parole vane ed inutili. Profonda impotenza.
Paradossalmente in questo scenario risultano meno ipocriti coloro che esplicitamente portano innanzi interessi particolari: forse non è un caso che le figure pubbliche più ciniche assumano maggiore credibilità di quelle politically correct.
Nel tempo della decadenza, l'egoismo la fa da padrone.
Mi auguro che la triste consapevolezza diventi vero stimolo per osare nuovi ed audaci sguardi, capaci di autentica e profonda assunzione di realtà.
Solo da ciò si potrà ripartire.

Foto: Agi Agenzia Italia

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