A bordo di un ‘freccia bianca’ in attesa di lasciare la stazione di Brescia.
Osservo dal finestrino le persone sedute sulle panchine. Mi ritrovo in 'movimento' mentre altri sono 'fermi'. Sono occupato, anzi fatico a stare appresso alle ‘cose’, mentre altri, sempre più numerosi, si ritrovano sfaccendati, non sanno cosa fare.
Per alcuni il 'movimento' è sempre maggiore e vorticoso, a tratti travolgente, per altri vige una situazione di ‘blocco’ che progressivamente si espande, si irrigidisce. Tale condizione è diffusa, repentina nel suo avverarsi, drammatica nei suoi esiti.
Le differenze si acuiscono dando vita a vere e proprie disparità. Rimangono gli opposti: tutto pieno o tutto vuoto. Sono saltate le vie di mezzo: dentro o fuori, privilegiati o svantaggiati. Sono saltati i meccanismi di mobilità tra le parti. Si apre il baratro.
Da una parte c'è chi si ritrova, tutto d’un tratto, ad essere privilegiato e nella condizione di difendere la sua posizione. Disorientamento e paura di perdere ciò che ha. Dall'altra c'è chi rimane fuori, cronico escluso oppure recente espulso. Le fila di costoro si ingrossano a vista d'occhio. Scoraggiati, come le popolazioni nord africane, provano ad accedere all'altra parte. L'accoglienza e' la medesima: traghetti soppressi, respingimenti. Rabbia e depressione.
Non si intravede solidarietà. Ognuno pensa per sé. Difende o attacca. Difende per attaccare oppure attacca per difendere. Esito: il ridimensionamento complessivo si scarica prepotente sui secondi. Ecco 'autodistruzione' e 'violenza': depressione e suicidio, azione violenta verso i vessatori o ipotetici simboli.
L'allarme è suonato. C'è bisogno di trovare uno sbocco. Siamo al bivio tra distruzione ed evoluzione. Non perdiamo tempo, imbocchiamolo. Qualsiasi sia il suo esito.
Foto: Disparity
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