Non ho scelto di venire al mondo, ancor meno chi mi ha generato, sia dal punto di vista fisico che culturale. Mi ritrovo ad essere quel che sono, a vivere le giornate disponibili, a partire da questa posizione.
In questo frangente le condizioni congiunturali non sono agevoli, bensì confuse e sconnesse.
È chiaro che il ritmo di una lunga fase storica si è definitivamente rotto: è finito un ‘tempo’ e c’è poco spazio per l’ottimismo, per guardare al futuro con fiducia e speranza. Siamo entrati in una fase ‘stretta’, 'corta' di risorse, con scorte esigue. Senza idee e senza prospettive si impone la sospensione. Si rimane fermi, a secco, senza parole e senza energie.
Come afferma Giorgio Agamben, in mancanza di fede o fiducia non è possibile futuro. C´è futuro solo se si può sperare o credere in qualcosa, ma tutta la fede è stata fagocitata dal denaro. Il potere finanziario ha sequestrato il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Il vivere – sostiene Giovanni Lindo Ferretti – è stato subordinato a ragioni di convenienza economica.
Con la crisi finanziaria sembra essersi rotto un equilibrio e con esso cade ogni speranza. E senza speranza non possiamo guardare avanti in quanto la fede è sostanza di cose sperate: essa è ciò che dà realtà a ciò che non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il nostro credito e la nostra parola.
Ma – riprendendo le parole di Ferretti – la ricchezza del vivere non è riducibile ad uno stipendio. E dalle macerie prova a riemergere ciò che è stato lungamente accantonato.
Di fronte a questo cambiamento epocale va trovato un nuovo equilibrio; va creato un nuovo terreno sul quale far crescere il futuro.
Non possiamo essere noi gli artefici: non è nella nostra facoltà definire un nuovo ordine, non siamo nelle condizioni di interpretare il ‘nuovo’. Insomma, siamo troppo ciò che non può più essere.
Possiamo solo ambire a ripristinare le condizioni di una nuova fiducia contribuendo più a smantellare che a costruire, a rottamare che ad assemblare.
A chi verrà dopo di noi il compito di costruire il futuro.
Foto: Fragilidad
In questo frangente le condizioni congiunturali non sono agevoli, bensì confuse e sconnesse.
È chiaro che il ritmo di una lunga fase storica si è definitivamente rotto: è finito un ‘tempo’ e c’è poco spazio per l’ottimismo, per guardare al futuro con fiducia e speranza. Siamo entrati in una fase ‘stretta’, 'corta' di risorse, con scorte esigue. Senza idee e senza prospettive si impone la sospensione. Si rimane fermi, a secco, senza parole e senza energie.
Come afferma Giorgio Agamben, in mancanza di fede o fiducia non è possibile futuro. C´è futuro solo se si può sperare o credere in qualcosa, ma tutta la fede è stata fagocitata dal denaro. Il potere finanziario ha sequestrato il futuro, tutto il tempo e tutte le attese. Il vivere – sostiene Giovanni Lindo Ferretti – è stato subordinato a ragioni di convenienza economica.
Con la crisi finanziaria sembra essersi rotto un equilibrio e con esso cade ogni speranza. E senza speranza non possiamo guardare avanti in quanto la fede è sostanza di cose sperate: essa è ciò che dà realtà a ciò che non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il nostro credito e la nostra parola.
Ma – riprendendo le parole di Ferretti – la ricchezza del vivere non è riducibile ad uno stipendio. E dalle macerie prova a riemergere ciò che è stato lungamente accantonato.
Di fronte a questo cambiamento epocale va trovato un nuovo equilibrio; va creato un nuovo terreno sul quale far crescere il futuro.
Non possiamo essere noi gli artefici: non è nella nostra facoltà definire un nuovo ordine, non siamo nelle condizioni di interpretare il ‘nuovo’. Insomma, siamo troppo ciò che non può più essere.
Possiamo solo ambire a ripristinare le condizioni di una nuova fiducia contribuendo più a smantellare che a costruire, a rottamare che ad assemblare.
A chi verrà dopo di noi il compito di costruire il futuro.
Foto: Fragilidad
Nessun commento:
Posta un commento