Il consolidato scricchiola, da segni di cedimento.
Il baricentro degli equilibri geopolitici si sta spostando verso il ‘sud-est-asiatico’; il 'nord-africa' e il 'medio-oriente' sussultano rompendo equilibri decennali, quasi secolari; i paesi occidentali sono sotto pressione, evidenziando a turno pesanti crisi finanziarie; per non parlare degli spaccati della vita istituzionale italiana, inguardabili e impensabili. La realtà sta superando l'immaginazione e le istituzioni non riescono più a rappresentare e contenere l'emergente.
La parola al popolo, quindi?
Nei paesi del 'nord-africa' il popolo ha preso la scena. Ma anche nella nostra bistrattata Italia è già passata l'idea che è buono e giusto solo ciò che viene indicato direttamente dal popolo: i sondaggi, il televoto, l'auditel, fino all'assolutizzazione dell'esito delle urne. Solo ciò che ha un riscontro universale ha valore, ogni forma di rappresentanza ha perso forza e legittimazione.
La rivoluzione, la rottura degli equilibri consolidati è in capo al popolo. Ma se l'appello al popolo avviene in uno stato costituzionale di diritto il rischio è la deriva populistica e la manomissione dell'ordinamento democratico: l'idealizzazione del mondo popolare come detentore di valori positivi può condurre al disfacimento, anche alla distruzione. Emblematica è, nel racconto evangelico, la scelta di Pilato di attivare una forma diretta di democrazia. Gesù o Barabba. Il popolo ha scelto Barabba.
Il primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ha spiegato che nello stato costituzionale di diritto nessun potere è assoluto, neppure il potere del popolo, che è chiamato ad esercitare la sovranità 'nelle forme e nei limiti della Carta Costituzionale'. La Costituzione istituisce un processo che è garante dei valori scelti da un popolo; forzarla o bypassarla significa far prevalere altri valori, spesso funzionali a pochi e non alla collettività.
La Carta Costituzionale definisce confini e limiti, argina gli eccessi. In questo contesto storico è un baluardo da difendere ad oltranza.
Foto: piazza del popolo
Il baricentro degli equilibri geopolitici si sta spostando verso il ‘sud-est-asiatico’; il 'nord-africa' e il 'medio-oriente' sussultano rompendo equilibri decennali, quasi secolari; i paesi occidentali sono sotto pressione, evidenziando a turno pesanti crisi finanziarie; per non parlare degli spaccati della vita istituzionale italiana, inguardabili e impensabili. La realtà sta superando l'immaginazione e le istituzioni non riescono più a rappresentare e contenere l'emergente.
La parola al popolo, quindi?
Nei paesi del 'nord-africa' il popolo ha preso la scena. Ma anche nella nostra bistrattata Italia è già passata l'idea che è buono e giusto solo ciò che viene indicato direttamente dal popolo: i sondaggi, il televoto, l'auditel, fino all'assolutizzazione dell'esito delle urne. Solo ciò che ha un riscontro universale ha valore, ogni forma di rappresentanza ha perso forza e legittimazione.
La rivoluzione, la rottura degli equilibri consolidati è in capo al popolo. Ma se l'appello al popolo avviene in uno stato costituzionale di diritto il rischio è la deriva populistica e la manomissione dell'ordinamento democratico: l'idealizzazione del mondo popolare come detentore di valori positivi può condurre al disfacimento, anche alla distruzione. Emblematica è, nel racconto evangelico, la scelta di Pilato di attivare una forma diretta di democrazia. Gesù o Barabba. Il popolo ha scelto Barabba.
Il primo presidente della Corte di Cassazione, Ernesto Lupo, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario ha spiegato che nello stato costituzionale di diritto nessun potere è assoluto, neppure il potere del popolo, che è chiamato ad esercitare la sovranità 'nelle forme e nei limiti della Carta Costituzionale'. La Costituzione istituisce un processo che è garante dei valori scelti da un popolo; forzarla o bypassarla significa far prevalere altri valori, spesso funzionali a pochi e non alla collettività.
La Carta Costituzionale definisce confini e limiti, argina gli eccessi. In questo contesto storico è un baluardo da difendere ad oltranza.
Foto: piazza del popolo
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