martedì 13 ottobre 2009

Ricordo chiaramente la tensione ...

... che da giovane contornava ogni incontro con i Testimoni di Geova: parlare con loro, visionare le loro pubblicazioni erano vissuti come un pericolo, un varcare soglie rischiose. Di seguito sui campanelli delle abitazioni sono apparsi adesivi volti a prevenirne l'incontro. Perché questo senso di paura e pericolo?
Ricordo, poi, la mia ribellione di fronte all'ennesimo discorso - formalmente autorevole - nel quale mi si veniva a dire 'come dovevo essere', 'come dovevo pensare', .... Perché forzare la posizione individuale piuttosto che aprirne gli orizzonti?
Il tema è il possesso della Verità: la distinzione tra chi ritiene di possederla (ed è perciò nel giusto) e tutti gli altri (i quali, affermando verità diverse, vengono considerati come ‘negatori della Verità’ e in quanto tali non possono essere tollerati). Ogni appropriazione della Verità – non fa differenza se morale, scientifica o religiosa – comporta per ciò stesso una esclusione.
La via indicata da Mourice Bellet è quella della disappropriazione della Verità: bisogna entrare nella Verità rinunciando a possederla. Bisogna rinunciare alla pretesa che la nostra espressione personale della verità coincida con la verità stessa e possa pertanto essere manipolata a piacimento in un ambito logico-discorsivo.
L'autore sostiene che questa scelta audace e radicale apre le porte al dialogo, dove chiunque può parlare ed essere ascoltato. Perché il dialogo di umanità non è lo scambio di opinioni sul piano teoretico, ma il luogo in cui ognuno può esprimere se stesso così com’è.

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