... Questo riporta l'art. 11 della Costituzione Italiana.
La presenza dell'Italia in Afganistan contraddice tale dettato. La realtà supera e smentisce la norma, in questo caso l'ordinamento costituzionale. Inutile e velleitario ogni maquillage volto ad assegnare nomi di pace a ciò che è guerra; inutile la retorica del ministro della difesa che - come afferma Lucio Caracciolo - suona ormai peggio che falsa, offensiva per i nostri caduti e per la nostra democrazia.
Analizzando la situazione creatasi in Afganistan, l'autore parla di convoglio impazzito, con diversi vagoni già deragliati. Il problema, dal punto di vista istituzionale, è diventato come uscire da questo pantano senza troppo imbarazzo, senza farsi troppo del male.
La guerra quindi c'è, c'è sempre stata, è una delle costanti della storia dell'uomo. Spesso è stata 'cantata' e 'celebrata' (Inno di Mameli incluso). Meglio, la guerra c'è in quanto l'elaborazione patologica del conflitto non è mai smessa. E, benché patologica, è parte di noi stessi, è costitutiva del nostro vivere. Auspicare la sua eliminazione è illusorio, deplorare la sua presenza ideologico.
Mai, però, la guerra è inevitabile: sempre si può mirare all’invenzione della possibile armonia (Gino Pagliarani). E, di fronte all'impotenza, sperare di non incontrarla lungo il nostro percorso.
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